Impossible photography di Erik Johansson
Photoshop, sociologia e arte ben shakerate
Dopo un post sul cinema e uno sull’advertising, questa
settimana non potevo chiuderla senza aver scritto qualcosa sulla fotografia. Proprio per
questo ho cercato un fotografo abbastanza talentuoso e singolare proprio come
il film di Baz Luhrmann che ha aperto questa settimana. Devo ammettere che
ripensandoci il suo lavoro non è così glamour come il film ma decisamente ha
un'invidiabile componente attrattiva. Il segreto? Un’immaginazione dirompente e
un uso di Photoshop da far invidia. Di chi sto parlando? Erik Johansson, artista
svedese che sta lasciando tutti gli appassionati del genere a bocca aperta.
Qualche tempo fa sono incappata in una sua intervista sul sito di Adobe e da lì ho iniziato ad ammirare le sue foto “impossible” come vengono definite da
tutta internet.
Paesaggi che all'apparenza sembrano piatti riprendono vita
con l’aggiunta di elementi impossibili che rimandano ad altri mondi come ad
esempio l’idea di trasformare la strada di un ciclista in una linea
tratteggiata che per metà è stata tagliata da una forbice immaginaria o ancora
più graziosa l’idea della ragazza che dipinge il mare sul parquet. Quello che
stupisce di più vedendo queste foto è il lato realistico dei paesaggi tanto il
nostro cervello a volte fa fatica a riconoscere l’effetto di “trompe-l’-oeil”.
Mi spiego: guardando la foto “go on your road” difficilmente l’immagine del
ragazzo che tira la strada ci disturba, è solo al secondo sguardo che ci
accorgiamo della sofisticata tecnica di foto ritocco utilizzata. All'inizio l’immagine
è gradevole, la luce sugli alberi è bella e probabilmente ci chiediamo dove
possiamo aver visto quel paesaggio. Solo in un secondo momento, fermandoci sul
ragazzo andiamo a cercare il ritocco e il possibile errore. Leggendo l’intervista,
però, si scopre che in realtà tutto questo viene reso attraverso la composizione
dei diversi livelli di Photoshop, quasi come a spiegare che la realtà stessa è
una sorta di convenzione che ci imponiamo. Sociologia allo stato puro unita all’arte
tecnologica insomma.
Una collezione di foto strane con un significato molto
profondo ma soprattutto frutto di un lavoro certosino di parecchie ore. Quest’ultima
frase non è buttata lì a caso. Sul famoso articolo che ho trovato c’è un video
del backstage della famosa foto “Cut & Fold” che mostra il processo di trasformazione
dallo shooting iniziale all’elaborato risultato finale. Un lavoro di 15 ore
velocizzate per creare un video di quasi cinque minuti dove elemento dopo
elemento si vede la sovrapposizione dei dettagli, l’utilizzo di materiali veri
come fogli di carta e forbice e soprattutto la minuziosità nella costruzione
del dettaglio. Il tutto a partire da una ventina di foto e 130 livelli. Impressionante.
Anche il processo di costruzione dell’immagine è
interessante: per Erik Johansson lo shooting non è altro che una raccolta
materiali per la sua idea da costruire in post produzione. Alla facciazza di
noi reflexisti che durante lo shooting cerchiamo di scattare il meglio
possibile per non dover ritoccare dopo.
Va da sé che è un piacere vedere il video e immaginare,
vedendo la gallery sul sito di Johansson, come ogni singola foto sia stata
costruita. Vi avverto, però, questo video causa due grandi sentimenti contrari:
il primo è quello di prendere una delle vostre foto e iniziare a smanettare su Photoshop,
la seconda a farvi deprimere per il vostro livello di correzione di piccoli
dettagli che al confronto sembrano decisamente roba da niente.
In ogni caso non scoraggiatevi ed enjoy video e gallery qui
sotto.
Photogallery di Johansson: http://erikjohanssonphoto.com/work/imagecats/personal/
Intervista di Adobe in inglese: http://www.adobe.com/inspire/2013/02/interview-erik-johansson.html
Facebook page: http://www.facebook.com/erikjohanssonphoto
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